“Rilanciare la scuola”. Editoriale di Maddalena Gissi sul nuovo numero della rivista Scuola e Formazione
Nei prossimi giorni verrà recapitato a tutti gli iscritti il terzo numero del 2020 della nostra rivista “Scuola e Formazione“. Anticipiamo il testo dell’editoriale della segretaria generale Maddalena Gissi, incentrato sulle questioni di più immediata attualità (come organizzare un ritorno a scuola che non sia solo una parentesi prima della successiva chiusura), ma allargando lo sguardo alle sfide da affrontare per un cambiamento che si avverte come necessario e per il quale vanno messi a punto obiettivi e strategie.
Da mesi viviamo un’emergenza che sembra non aver mai fine. Un evento imprevisto, almeno nelle dimensioni che ha assunto, con un’estensione su scala planetaria che incide anche sulla sua durata nel tempo, non così breve come avremmo auspicato e come ci era parso nei mesi estivi.
Un’illusione pagata a caro prezzo in autunno, a causa di un allentamento di attenzione su cui qualche esame di coscienza andrebbe fatto. Così come ci si dovrebbe chiedere se sia stato fatto davvero tutto il necessario perché la riapertura delle scuole non si riducesse, per buona parte del sistema scolastico, a una breve boccata d’ossigeno, lasciando peraltro il resto alle prese con una situazione tutt’altro che semplice da gestire.
Forse ha pesato, come avvenuto in generale, l’errata convinzione che il peggio fosse ormai alle spalle, e che adempimenti rimessi soprattutto all’impegno e alla buona volontà del personale bastassero a tenere sotto controllo la situazione. E così, mentre l’attenzione si concentrava su questioni di forte impatto mediatico, come i milioni di banchi a rotelle pronti a invadere festosamente le nostre aule, altre urgenze ben più pressanti restavano praticamente inevase. A partire da quella, fondamentale, di assicurare da subito la presenza stabile dei docenti in ogni scuola. Ritrovarsi a fine novembre con centinaia di posti ancora scoperti è l’avverarsi, purtroppo, di una facile previsione. Frutto di errori recenti, ma più in generale del sostanziale fallimento delle scelte compiute in materia di reclutamento, ormai da molto tempo, da governi e maggioranze di colore diverso.
Una seconda esigenza rimasta del tutto insoddisfatta era quella di garantire a ogni scuola un supporto tempestivo e costante per le emergenze di carattere sanitario, dalla rilevazione dei casi sospetti alla loro corretta gestione onde evitare l’innescarsi di reazioni a catena difficilmente controllabili. Dirigenti e docenti si sono trovati per lo più da soli ad affrontare situazioni per le quali non disponevano di strumenti e competenze adeguati.
Terzo problema, l’impatto determinato da fattori esterni che sfuggono per loro natura a ogni possibilità di intervento da parte di ogni singola scuola: la totale assenza di controlli su quanto avviene fuori dai cancelli per quanto riguarda assembramenti e affollamenti, un sistema di trasporti il cui mancato rafforzamento è stato da tutti indicato come una delle lacune più clamorose, difficilmente colmabile senza fare ricorso a risorse e strumenti di carattere straordinario. Penso a un intervento massiccio della protezione civile, o delle stesse forze armate, come avviene per la gestione di grandi situazioni di crisi.
Ora che la data per un ritorno generalizzato a scuola è stata fissata al 7 gennaio, l’auspicio è che nell’attesa ci si adoperi per colmare lacune e ritardi, essendo a questo punto ingiustificabile, incomprensibile e imperdonabile ogni inadempienza.
Discussioni e polemiche sulla data del rientro a scuola hanno anche messo in ombra il fatto che la maggior parte degli istituti, dall’avvio del nuovo anno scolastico, in realtà è rimasta aperta. Non si può certo dire “regolarmente”, vista la mole di problemi con cui le scuole hanno dovuto misurarsi, ritrovandosi spesso ad agire, più che in autonomia, in vera e propria solitudine. Nessuna porta sbarrata, nella maggior parte delle scuole, dove ancora una volta, smentendo odiose insinuazioni e squallidi luoghi comuni, tutto il personale ha dato prova di dedizione e senso di responsabilità. Vale la pena ricordare un dato: seicentomila persone hanno partecipato, da maggio a settembre, ad attività formative certificate dal Ministero attraverso la piattaforma Sofia (più i tanti altri che hanno seguito corsi individuali a proprie spese). Per un sistema che patisce anni e anni di mancati investimenti, la professionalità e l’impegno del personale continuano a rappresentare l’unica risorsa certa su cui fare affidamento. Ci attendiamo che se ne tenga conto nel momento in cui si profilano scelte importanti per definire strategie e obiettivi in vista di un’uscita dalla crisi della pandemia che difficilmente può essere immaginata – e in fondo nemmeno auspicata – come un semplice ritorno allo status quo ante, e anche nella prospettiva di un rinnovo contrattuale che rappresenta per noi una precisa priorità di impegno e di iniziativa.
L’emergenza Covid e i periodi più o meno lunghi di lockdown hanno sottolineato l’importanza e la centralità del sistema scolastico e formativo, sia in termini di sviluppo e di coesione sociale, di cittadinanza e coscienza civile, sia come elemento strutturale di sostegno alla nostra organizzazione economica.
Come spesso accade, la privazione di un bene accresce la percezione del suo valore. La crisi ha evidenziato i guasti che decenni di tagli hanno prodotto al sistema scolastico, determinando in molte realtà, specie quelle territorialmente più deboli, situazioni di abbandono, isolamento, mancanza di sostegno.
Pensare la scuola come centrale in una strategia di ripresa implica non soltanto l’avvio di politiche di forte investimento per riparare i guasti fin qui prodotti: la scuola è chiamata a rigenerarsi, ad aprirsi a modalità nuove e diverse di intendere il ruolo dell’istruzione e il suo protagonismo nella società. L’obiettivo di fondo indicato dal Governo nelle Linee Guida per il Next Generation EU Plan (migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione in termini di ampliamento dei servizi per innalzare i risultati educativi) chiede ora di essere declinato con una puntuale indicazione di temi e priorità.
Una riguarda sicuramente il patrimonio edilizio, in un panorama che resta desolante nonostante gli interventi operati negli ultimi anni. Insieme a questo, la riqualificazione energetica, il cablaggio con fibra ottica, la creazione di infrastrutture per e-learning, la fornitura di ambienti digitali utilizzabili dalle scuole.
Occorre poi rivedere il dimensionamento delle istituzioni scolastiche riconducendone le dimensioni a parametri sostenibili, funzionali all’efficacia dell’azione didattica, insieme a classi meno affollate. Da ripensare anche formazione iniziale e reclutamento, ma un approccio nuovo è richiesto anche al tema della formazione in servizio, estendendo a tutto il personale docente e Ata gli incentivi economici oggi riservati ai soli insegnanti di ruolo, come presupposto per un pieno coinvolgimento nelle attività formative anche del personale precario.
Fondamentale una revisione curricolare nel segno dell’innovazione e della costante manutenzione richiesta da contesti che evolvono e si trasformano con rapidità crescente. L’innovazione didattica, in particolare quella collegata all’uso delle nuove tecnologie, non può essere rimedio temporaneo per la gestione di “emergenze”. Anche in vista del nuovo contratto, è opportuno ragionare su un più articolato profilo docente e una diversa modulazione del tempo di lavoro dei docenti, così come sugli scenari che lo sviluppo di competenze tecnologiche può aprire nel campo delle funzioni affidate al personale Ata.
Da ultimo, ma non certo per importanza, l’obiettivo di una riduzione dei divari territoriali, che la crisi pandemica ha reso ancor più evidenti. Serve un piano che contenga oltre alle risorse anche strumenti operativi a sostegno di azioni efficaci e tempestive: pensiamo a task force tecniche in grado di agire nelle realtà ove emergano indici più alti di povertà educativa, con una struttura permanente di monitoraggio e coordinamento.
Tutte cose che non vanno soltanto attese, ma cercate e costruite attraverso un impegno comune, un dialogo partecipato, la visione e la definizione di valori forti e chiari, la volontà di non tradire le attese e i sogni delle giovani generazioni, il coraggio di rigenerarsi.
Questo sforzo, la scuola, questa scuola che ora resiste si reinventa e impara, è ben capace di assumerlo. Chiede di essere ascoltata, sostenuta da politiche lungimiranti, da investimenti coerenti, da una società civile che rinnovi la sua attenzione e vicinanza e la ricollochi al centro della sua cura.
È l’augurio che ci facciamo per i giorni del Natale e dell’Anno Nuovo a cui ci avviciniamo.
Fonte: http://www.cislscuola.it/index.php?id=2872&tx_ttnews%5Btt_news%5D=32176&cHash=1e03c9f8bf27969c1593795ed5148b46