“Per creare occupazione servono investimenti pubblici, non sussidi”. Le parole di Anna Maria Furlan
Aprire subito un confronto con le parti sociali puntando a definire un patto per investimenti produttivi che coniughi sviluppo e rispetto per l’ambiente: lo chiede con una lettera aperta pubblicata oggi su Il Sole 24 ore la segretaria generale della CISL Annamaria Furlan, affermando che in questo modo il governo Conte “sarebbe molto più credibile sui mercati finanziari e agli occhi degli investitori internazionali”. Di seguito, il testo integrale della lettera. Caro Direttore,
solo politiche di crescita possono legittimare una deviazione del sentiero della stabilità dei conti pubblici: ha ragione Giorgio Santilli nel ribadire questa saggia esigenza dalle colonne del Sole 24 ore. La decisione dei partiti che sostengono il Governo di “sforare” nel rapporto deficit-Pil dovrebbe avere un obiettivo alto e condivisibile: far ripartire l’economia con un grande piano di investimenti pubblici, sostenere le imprese che vogliono innovare e creare occupazione, soprattutto nel Mezzogiorno, finalizzare la riduzione delle aliquote fiscali alla crescita di tutto il Paese. In fondo questo è stato il richiamo “costituzionale” del Presidente Mattarella: conciliare crescita, investimenti e stabilità economica per non avere ricadute negative sulla condizione delle famiglie, dei lavoratori, dei pensionati e sul futuro dei giovani.
È difficile ritrovare questa visione strategica e complessiva nel Def presentato dal Governo. Dobbiamo sfidare l’Europa in nome dello sviluppo e non solo per l’assistenza, per quanto sia oggettivamente importante ridurre l’enorme area della povertà e le diseguaglianze sociali nel nostro Paese. Per questo, più volte in questi anni, il sindacato ha chiesto all’Europa di abbandonare le politiche miopi del rigore dei conti, di rivedere il fiscal compact, svincolando dai parametri europei la spesa per investimenti in infrastrutture, innovazione, ricerca, formazione, politiche attive. Questa è la battaglia che il governo Conte dovrebbe condurre a livello europeo, ricercando le giuste alleanze internazionali, prendendo come riferimento il “patto della fabbrica” siglato qualche mese fa tra Confindustria e sindacati, un documento programmatico completo, che altri parti sociali in Europa hanno assunto come modello innovativo di politica industriale, fondato su più competenze, più produttività e qualità, maggiore partecipazione dei lavoratori.
L’occupazione non si crea né con i sussidi, né cambiando ogni tre anni le regole del mercato del lavoro. È imbarazzante sul tema dello sviluppo il confronto tra noi ed il resto dell’Europa. In Italia la spesa per gli investimenti pubblici è ormai marginalizzata, scesa dal 3,5% del Pil del 1981 fino all’1,4% del 2017, mentre il sistema delle opere pubbliche continua a essere bloccato da veti incrociati della politica, ricorsi, sprechi, sub-appalti scandalosi: di 37 grandi opere strategiche programmate negli ultimi 15 anni sono solo in quelle arrivate al traguardo. Abbiamo rinunciato, come scrive Santilli, a uno dei grandi motori dell’economia per non essere capaci di tagliare sprechi e privilegi nella macchina corrente dello Stato.
Dal 2004 al 2013 i dati Eurostat aggiornati dicono che la Francia ha speso in investimenti 606,9 miliardi, la Germania 383, il Regno Unito 367,9, la Spagna 336,1, l’Italia 335,2. Nel 2004 l’Italia era seconda dietro la Francia, per quasi tutto il decennio, anno dopo anno, è rimasta all’ultimo posto. La tragedia di Genova è la cartina di tornasole dei nostri ritardi. Ecco perché la Cisl rilancerà nelle prossime settimane, con una iniziativa proprio a Genova, l’esigenza di una grande “alleanza” tra le parti sociali per sollecitare e favorire una svolta sugli investimenti pubblici e privati, in particolare per le infrastrutture, nel nostro paese. Questo è il nostro ruolo. Non tocca ai corpi intermedi costruire cartelli elettorali o supplire a un molo politico di opposizione, come ipotizza qualcuno inopportunamente. La Cisl ha sempre avuto una sua soggettività autonoma espressa con la contrattazione e la concertazione. Siamo in campo con le nostre proposte chiare sui temi del lavoro, fisco, pensioni, Europa, Mezzogiorno e su queste valuteremo l’azione anche di questo Governo, senza fare sconti a nessuno, né tantomeno farci tirare la giacca a destra o a sinistra. Vedremo, dunque, come si caratterizzerà nei prossimi giorni la manovra e quante risorse saranno effettivamente stanziate per gli investimenti pubblici. Sulla base di questo esprimeremo il nostro giudizio svaluteremo le nostre iniziative.
Il governo Conte sarebbe molto più credibile sui mercati finanziari e agli occhi degli investitori internazionali (anche per scongiurare l’aumento dello spread) se aprisse finalmente un confronto vero, puntando a costruire un vero “patto” con le parti sociali su come e dove canalizzare gli investimenti produttivi, coniugare sviluppo e rispetto per l’ambiente come abbiamo saputo fare con l’accordo Ilva dopo ben sette anni di immobilismo. 2 ottobre 2018 Annamaria Furlan, segretaria generale CISL
Aprire subito un confronto con le parti sociali puntando a definire un patto per investimenti produttivi che coniughi sviluppo e rispetto per l’ambiente: lo chiede con una lettera aperta pubblicata oggi su Il Sole 24 ore la segretaria generale della CISL Annamaria Furlan, affermando che in questo modo il governo Conte “sarebbe molto più credibile sui mercati finanziari e agli occhi degli investitori internazionali”. Di seguito, il testo integrale della lettera. Caro Direttore,
solo politiche di crescita possono legittimare una deviazione del sentiero della stabilità dei conti pubblici: ha ragione Giorgio Santilli nel ribadire questa saggia esigenza dalle colonne del Sole 24 ore. La decisione dei partiti che sostengono il Governo di “sforare” nel rapporto deficit-Pil dovrebbe avere un obiettivo alto e condivisibile: far ripartire l’economia con un grande piano di investimenti pubblici, sostenere le imprese che vogliono innovare e creare occupazione, soprattutto nel Mezzogiorno, finalizzare la riduzione delle aliquote fiscali alla crescita di tutto il Paese. In fondo questo è stato il richiamo “costituzionale” del Presidente Mattarella: conciliare crescita, investimenti e stabilità economica per non avere ricadute negative sulla condizione delle famiglie, dei lavoratori, dei pensionati e sul futuro dei giovani.
È difficile ritrovare questa visione strategica e complessiva nel Def presentato dal Governo. Dobbiamo sfidare l’Europa in nome dello sviluppo e non solo per l’assistenza, per quanto sia oggettivamente importante ridurre l’enorme area della povertà e le diseguaglianze sociali nel nostro Paese. Per questo, più volte in questi anni, il sindacato ha chiesto all’Europa di abbandonare le politiche miopi del rigore dei conti, di rivedere il fiscal compact, svincolando dai parametri europei la spesa per investimenti in infrastrutture, innovazione, ricerca, formazione, politiche attive. Questa è la battaglia che il governo Conte dovrebbe condurre a livello europeo, ricercando le giuste alleanze internazionali, prendendo come riferimento il “patto della fabbrica” siglato qualche mese fa tra Confindustria e sindacati, un documento programmatico completo, che altri parti sociali in Europa hanno assunto come modello innovativo di politica industriale, fondato su più competenze, più produttività e qualità, maggiore partecipazione dei lavoratori.
L’occupazione non si crea né con i sussidi, né cambiando ogni tre anni le regole del mercato del lavoro. È imbarazzante sul tema dello sviluppo il confronto tra noi ed il resto dell’Europa. In Italia la spesa per gli investimenti pubblici è ormai marginalizzata, scesa dal 3,5% del Pil del 1981 fino all’1,4% del 2017, mentre il sistema delle opere pubbliche continua a essere bloccato da veti incrociati della politica, ricorsi, sprechi, sub-appalti scandalosi: di 37 grandi opere strategiche programmate negli ultimi 15 anni sono solo in quelle arrivate al traguardo. Abbiamo rinunciato, come scrive Santilli, a uno dei grandi motori dell’economia per non essere capaci di tagliare sprechi e privilegi nella macchina corrente dello Stato.
Dal 2004 al 2013 i dati Eurostat aggiornati dicono che la Francia ha speso in investimenti 606,9 miliardi, la Germania 383, il Regno Unito 367,9, la Spagna 336,1, l’Italia 335,2. Nel 2004 l’Italia era seconda dietro la Francia, per quasi tutto il decennio, anno dopo anno, è rimasta all’ultimo posto. La tragedia di Genova è la cartina di tornasole dei nostri ritardi. Ecco perché la Cisl rilancerà nelle prossime settimane, con una iniziativa proprio a Genova, l’esigenza di una grande “alleanza” tra le parti sociali per sollecitare e favorire una svolta sugli investimenti pubblici e privati, in particolare per le infrastrutture, nel nostro paese. Questo è il nostro ruolo. Non tocca ai corpi intermedi costruire cartelli elettorali o supplire a un molo politico di opposizione, come ipotizza qualcuno inopportunamente. La Cisl ha sempre avuto una sua soggettività autonoma espressa con la contrattazione e la concertazione. Siamo in campo con le nostre proposte chiare sui temi del lavoro, fisco, pensioni, Europa, Mezzogiorno e su queste valuteremo l’azione anche di questo Governo, senza fare sconti a nessuno, né tantomeno farci tirare la giacca a destra o a sinistra. Vedremo, dunque, come si caratterizzerà nei prossimi giorni la manovra e quante risorse saranno effettivamente stanziate per gli investimenti pubblici. Sulla base di questo esprimeremo il nostro giudizio svaluteremo le nostre iniziative.
Il governo Conte sarebbe molto più credibile sui mercati finanziari e agli occhi degli investitori internazionali (anche per scongiurare l’aumento dello spread) se aprisse finalmente un confronto vero, puntando a costruire un vero “patto” con le parti sociali su come e dove canalizzare gli investimenti produttivi, coniugare sviluppo e rispetto per l’ambiente come abbiamo saputo fare con l’accordo Ilva dopo ben sette anni di immobilismo. 2 ottobre 2018 Annamaria Furlan, segretaria generale CISL