Nazionale. Boom delle pensioni, le attese e i problemi. Tempi stretti per la scuola, da rivedere anche il reclutamento
Anticipare i tempi di accesso alla pensione è sicuramente una delle aspettative più diffuse nel mondo del lavoro scolastico. Le statistiche ci ripetono spesso che l’età media del nostro corpo docente è tra le più elevate in Europa; altrettanto spesso è la cronaca a evidenziare quanto sia diventato particolarmente pesante l’impegno di chi ha la responsabilità di educare, istruire, assistere, sorvegliare classi e sezioni talvolta sovraffollate e in cui le situazioni problematiche non sono certo infrequenti.
Negli anni scorsi la nostra richiesta di tenere conto dei fattori di gravosità del lavoro nella scuola ha trovato in parte risposta, limitatamente al personale docente della scuola dell’infanzia. Ora che si profila un intervento di portata più generale, l’attesa è di conoscere in modo più preciso quali sarebbero i requisiti anagrafici e contributivi cui fare riferimento, e soprattutto se l’uscita anticipata comporterà modifiche, e quali, sui criteri di calcolo del trattamento spettante.
Per la scuola i tempi per le decisioni sono stretti, basti pensare che il termine per le domande di collocamento in pensione l’anno scorso è stato il 20 dicembre. È dunque indispensabile che il quadro diventi chiaro nel più breve tempo possibile e va in ogni caso garantita al personale della scuola una tempistica legata alle proprie specifiche scadenze. Troppe volte abbiamo pagato, come scuola, gli effetti di una gestione intempestiva delle procedure, con ritardi dell’INPS nella lavorazione delle pratiche che anche di recente hanno causato penalizzazioni e disagi.
C’è poi un secondo ordine di problemi da tenere in considerazione: un’uscita consistente di personale docente e ATA potrebbe accentuare il fenomeno che si è manifestato con le assunzioni di quest’anno, con le quali si è riusciti solo a coprire meno della metà dei posti vacanti e disponibili. Spia di una situazione cui va posto rimedio con interventi opportuni sul versante della formazione e del reclutamento del personale.
Per il personale ATA la questione è più semplice, ma ci sono comunque aspetti su cui intervenire. Non basta infatti rimpiazzare chi lascia il servizio, occorre rimuovere il blocco che impone di limitare le assunzioni al solo reintegro del turnover. Non esistono ragioni per cui una quota di posti, su un organico già insufficiente al fabbisogno, debba rimanere per forza un’area di lavoro precario: il limite cui si è accennato produce invece proprio questo effetto.
Per i docenti la questione è più complessa, poiché vi è carenza di personale abilitato o specializzato, requisiti attualmente indispensabili per essere assunti a tempo indeterminato. Perciò i problemi rischiano di non poter trovare soluzione in tempi brevi, se non si fanno scelte innovative nel rapporto tra percorsi di formazione e procedure di reclutamento. La CISL Scuola, in un suo recente dossier sulle assunzioni sui posti di sostegno, ha fatto una proposta che può essere estesa in termini più generali e sulla quale varrebbe la pena aprire in tempi rapidi un confronto: visto che i posti di insegnamento, comuni o di sostegno, vanno comunque coperti ogni anno per assicurare il funzionamento del servizio, si potrebbero prevedere procedure di assunzione stabile che comportino il vincolo di un contestuale accesso a percorsi formativi, i cui esiti siano decisivi per la conferma del rapporto di lavoro instaurato. È un principio già presente nell’impostazione dei percorsi FIT 2018, però da riprendere e rivisitare profondamente. Per la secondaria, se i meccanismi di reclutamento restano quelli degli attuali percorsi FIT, già quest’anno in fortissimo ritardo, non potrà che aumentare il ricorso a lavoro precario, con tutto ciò che ne consegue per il personale coinvolto e per la continuità del servizio, che viene in questo modo compromessa alla radice.
I tavoli di confronto già aperti al MIUR ci danno l’opportunità di portare avanti una discussione su questi temi, ai quali tuttavia qualche attenzione andrebbe posta anche in sede di definizione della legge di bilancio.
Roma, 4 ottobre 2018
Maddalena Gissi, segretaria generale CISL Scuola