Legge 104, sentenza della Cassazione: permessi non comprimibili in caso di part-time
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 4069/2018 ha finalmente affermato il principio, da sempre sostenuto dalla CISL Scuola, per cui il diritto ad usufruire dei permessi di cui all’art. 33 della legge 104 costituisce un diritto del lavoratore non comprimibile.
LA VICENDA
Una lavoratrice dipendente di Poste Italiane con orario di lavoro part-time verticale (8.30- 14,30 dal lunedì al giovedì), aveva lamentato in sede di merito come il datore di lavoro avesse riproporzionato, in considerazione del part-time verticale, da tre a due il numero di giorni di permesso mensili spettanti.
LE DECISIONI DEL TRIBUNALE E DELLA CORTE DI APPELLO
La Corte di appello di Trento ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Trento riconoscendo il pieno diritto della ricorrente ad usufruire dei 3 giorni di permesso al mese ax art. 33, comma 3 L. 104/92 sul presupposto che “in assenza di una espressa normativa del part-time, che preveda il riproporzionamento della fattispecie in esame, non è consentito concedere permessi in misura inferiore a tre”. Avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Trento, hanno proposto appello l’INPS e le Poste Italiane
LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
I giudici della Corte di Cassazione hanno evidenziato che l’istituto del permesso retribuito di cui all’art. 33, comma 3 della legge 104/92 costituisce espressione dello Stato sociale nonché uno strumento di politica socio assistenziale basato sul riconoscimento della cura alle persone con handicap in situazione di gravità prestata dai congiunti e sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale e intergenerazionale.
Come da sempre sostenuto dalla CISL Scuola, la suprema Corte con la sentenza 4069/2018, ha finalmente definito la questione, per troppo tempo inutilmente discussa e resa complicata dalle distorte ed erronee interpretazioni fornite dall’Amministrazione. La ratio dell’istituto in esame, infatti, ben evidente attraverso una consapevole e attenta lettura del dettato normativo, consiste nel favorire l’assistenza alla persona affetta da handicap grave, assistenza che rappresenta l’interesse primario cui è preposta la norma.
I giudici della Cassazione, nel dichiarare i ricorsi infondati, concludono affermando che “si tratta in via definitiva di una misura destinata alla tutela della salute psico-fisica del disabile quale diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’art. 32 Cost, che rientra tra i diritti inviolabili che la Repubblica riconosce e garantisce all’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. E’ chiaro a questo punto che il diritto ad usufruire dei permessi costituisce un diritto del lavoratore non comprimibile e da riconoscersi in misura identica a quella del lavoratore a tempo pieno.
(a cura di Fabrizia De Cuia, Ufficio Legislativo Cisl Scuola)