Formazione, no a un’assurda competizione con eventuale premio finale. Ivana Barbacci su “Italia Oggi”
Le disposizioni con cui il decreto legge 36 interviene in materia di formazione dei docenti finirebbero per ottenere, se confermate in sede di conversione, l’effetto opposto a quello dichiarato. Non un incentivo ad aggiornare costantemente il proprio bagaglio professionale, com’è indispensabile per chiunque abbia il compito di promuovere e trasmettere conoscenza (quindi per tutti i docenti), ma l’oggetto di un’assurda competizione con eventuale premio finale, sulla cui incerta consistenza non vale nemmeno la pena soffermarsi. Difficile fare di più, se si voleva svilire il significato, l’importanza e il valore della formazione in servizio. Anziché essere intesa come un supporto indispensabile per tutto il personale, viene infatti ridotta a una sorta di percorso a ostacoli, all’esito del quale si elargiscono benefici una tantum a una quota ristretta di docenti.
Siamo in presenza di misure calate dall’alto, non condivise e divisive, che contrappongono i lavoratori incentivando una formazione segmentata e priva dell’ineludibile riflessione complessiva sulla qualità dell’offerta formativa. Un vizio ricorrente, perché già presente in riforme o tentate riforme sostenute da ministri e governi di diverso segno, ma tutte ispirate ai modelli di una malintesa meritocrazia, per cui solo mettendoli in concorrenza gli uni con gli altri i docenti si sentirebbero stimolati a dare il meglio di sé.
Manca evidentemente una visione d’insieme: mentre non si investono risorse aggiuntive per la formazione del personale, si prefigura addirittura un taglio degli organici, con buona pace delle esigenze – solennemente indicate nel PNRR – di rafforzare il tempo scuola e ridurre l’affollamento delle classi, condizione indispensabile per il contrasto agli squilibri territoriali, rafforzando l’offerta formativa nelle aree di maggior disagio socio economico.
Tornando in modo più specifico al tema della formazione, va sottolineato come lo stabilire che sia solo il 40% dei partecipanti a poter ricevere il compenso sia una palese assurdità, visto che la formazione, leva fondamentale per l’efficacia dei risultati, non può certo riguardare meno della metà del personale. Ne deriva peraltro paradosso: poiché possono accedere all’incentivazione solo docenti che abbiano “svolto ore aggiuntive non remunerate con le risorse del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa”, e poiché solo il 40 per cento può ottenere benefici, il restante 60 per cento avrebbe un orario aggiuntivo privo della dovuta remunerazione, in violazione di ogni elementare principio giuslavoristico.
Nessun valore, infine, si riconosce alle pregresse esperienze formative maturate da gran parte del personale, in alcun modo tenute in considerazione nell’ambito delle procedure ipotizzate nel decreto.
Ce n’è abbastanza per chiedere, come stiamo facendo con la mobilitazione in atto, che tutta la parte relativa alla formazione sia stralciata dal decreto e ricondotta, come giusto e legittimo, alla sede contrattuale.
Ivana Barbacci, segretaria generale CISL Scuola
(Italia Oggi, 24 maggio 2022)