Lo sciopero del 30 maggio risposta giusta e necessaria per sostenere le ragioni della scuola e di chi ci lavora
Lo sciopero del 30 maggio è la risposta giusta e necessaria non solo per affermare il diritto del personale della scuola a un dignitoso rinnovo del contratto, ma anche per dire no a interventi fatti per legge su materie come la formazione in servizio e il trattamento economico, di diretto impatto sul rapporto di lavoro e quindi da disciplinare per contratto.
Si tratta oltretutto di interventi che, al di là della rilevante questione di metodo, appaiono assolutamente non condivisibili nel merito, in quanto trasformano uno strumento importante come la formazione in un elemento divisivo della categoria, finalizzato a elargire benefici non meglio precisati a un numero limitato di insegnanti, utilizzando per questo risorse già insufficienti per soddisfare l’esigenza di una generale rivalutazione delle nostre retribuzioni. Viene inoltre disegnato un sistema di reclutamento nel quale è del tutto assente un riconoscimento del valore all’esperienza di lavoro del personale precario, per il quale non si prevedono opportunità concrete di stabilizzazione, come sarebbe indispensabile anche per dare al sistema un presupposto importante in termini di funzionalità e continuità.
Il varo del decreto legge 36, oggi all’esame delle Camere, avvenuto proprio in concomitanza con l’avvio della trattativa all’ARAN sul nuovo contratto, suona come una provocazione rispetto alla quale la proclamazione dello sciopero è stata una risposta immediata e inevitabile. Ora è indispensabile che siano le lavoratrici e i lavoratori della scuola a far sentire la propria voce, con una larga adesione allo sciopero del 30 maggio per chiedere un piano serio di investimenti sulla scuola, risorse destinate al settore e concreti riconoscimenti per l’impegno messo in campo da tutto il personale.
La nostra categoria ha dato, negli ultimi due anni scolastici segnati dall’emergenza pandemica, una grande prova di professionalità, di responsabilità e di dedizione al lavoro, adoperandosi in ogni modo perché non venisse meno l’esercizio del diritto allo studio nonostante i ricorrenti divieti di svolgere attività in presenza. Ha dimostrato inoltre grande senso civico con un’adesione corale alla campagna di vaccinazione, ponendosi in tal modo come esempio positivo per l’intera comunità sociale. Meriterebbe, per questo, una diversa attenzione e un positivo riconoscimento: avviene invece esattamente il contrario.
Attraverso le sue rappresentanze sindacali, il mondo della scuola si è detto pronto a partecipare al grande impegno di rinnovamento che il Paese, col piano di ripresa e resilienza, sta mettendo in atto con precisi obiettivi riguardanti il sistema di istruzione e formazione. Abbiamo chiesto e ottenuto la sottoscrizione di precisi impegni da parte del Governo, resi espliciti nel Patto per la scuola al centro del Paese, nel quale si assume come metodo da seguire quello del confronto con le parti sociali per sostenere percorsi di innovazione condivisa.
Per questa ragione, essendo da sempre sostenitori e protagonisti di un modello di relazioni sindacali centrato sul confronto, il dialogo e il negoziato, non possiamo subire in silenzio e passivamente atteggiamenti che vanno in direzione esattamente opposta, rischiando di compromettere pesantemente lo stesso sviluppo del negoziato per il contratto.
Dobbiamo reagire, dobbiamo farlo con energia e determinazione: abbiamo sempre sostenuto che lo sciopero, anche per il sacrificio che comporta per chi vi partecipa, è strumento di cui non si deve mai abusare, una forma di lotta importante alla quale occorre sempre fare ricorso a ragion veduta, quando è la risposta davvero giusta e necessaria. Questa è una di quelle occasioni.
Ivana Barbacci, segretaria generale CISL Scuola